Il paziente anziano, fragile, fibrillante e polipatologicoInquadramento clinico, intervento riabilitativo ed indicazioni alla TAO
In Europa la popolazione degli ultrasessantacinquenni passerà nei prossimi 50 anni dal 17% al 30% cioè da 87 a 152 milioni e gli ultraottantenni rappresenteranno il 12% della popolazione. Nella popolazione generale, sicuramente l’età è il fattore che più di tutti incide sul rischio CV, come si deduce dalle carte del rischio. Ed il peso dell’età si deduce anche dai dati di mortalità : una recente statistica epidemiologica europea mostra che a fronte di una mortalità per cause CV globale di 42% per gli uomini e 52% per le donne, al disotto dei 65 anni di età questa appare decisamente inferiore soprattutto per le donne dove risulta essere la metà.
E’ tipica dell’ età anziana quella sindrome geriatrica indicata come “fragilità” che definisce uno stato di aumentata vulnerabilità che deriva dal declino della riserva funzionale di molti sistemi fisiologici così che viene compromessa la capacità di rispondere a molti stressor patologici cronici o acuti.
Vengono proposti principalmente due criteri diagnostici per la fragilità : quello del fenotipo (quando presenti almeno 3 di questi 5 segni : debolezza, lentezza, inattività, esaurimento, perdita di peso; in presenza di 1-2 segni si parla di pre-fragilità) e l’indice di fragilità (conteggio del deficit di una serie di circa 70 indicatori fra segni, sintomi, patologie : è positivo quando il numero degli indicatori deficitari è superiore al 20% del totale).
La fragilità è una sindrome che in oltre 2/3 dei casi si sovrappone ad altre condizioni patologiche dell’anziano, in particolare la disabilità e la polipatologia. La prevalenza della fragilità nella popolazione anziana generale è stimata con i due criteri fra il 20 e il 25% ed incide sull’ aspettativa di vita, tanto più quanto più precocemente si manifesta. In particolare nel Pz con patologia CV lo sviluppo della fragilità può riconoscere due principali meccanismi : da un lato un alterato stato immunologico, ormonale e metabolico conduce ad una perdita di massa e forza muscolare fino alla sarcopenia; dall’altra la patologia cardiaca e l’invecchiamento portano ad una disfunzione multi organo subclinica ; entrambe confluiscono poi nel quadro clinico della fragilità. La prevalenza di fragilità in Pz con CVD e la mortalità risultano aumentate fino a 4 volte rispetto al resto della popolazione di pari età. Anche la prevalenza della FA cresce rapidamente dopo i 55 anni, passando da meno dell’1 % a quasi il 18% oltre gli 85 aa sia negli uomini che nelle donne (ed arriva ad oltre 30% in meno di due anni per gli episodi di FA subclinica di più breve durata). Le ricadute cliniche della FA sono importanti : aumenta la mortalità e l’incidenza di stroke ed ospedalizzazione, è una causa indipendente di compromissione della QOL, si associa più frequentemente a disfunzione VS e deterioramento cognitivo. Oltre 2/3 dei Pz con FA mostra anche una condizione di fragilità o pre-fragilità
Nella popolazione anziana la riabilitazione cardiovascolare (RCV) mantiene la sua efficacia : uno studio del 2009 su un’ ampia coorte di Pazienti Medicare di età > 65 anni con cardiopatia ischemica ha mostrato nel gruppo dei 70.000 Pazienti che erano stati sottoposti a RCV una mortalità significativamente inferiore sia a 1 che a 5 anni rispetto ad un pari gruppo di controllo. Inoltre il beneficio della RCV risultava significativo per tutte le fasce di età , per entrambi i sessi, per la razza bianca e nera ed in tutti i sottogruppi d’accesso (infarto, BPAC, PTCA) e maggiore in presenza di insufficienza cardiaca. L’efficacia della RCV anche (e forse soprattutto) nell’anziano può essere anche motivata dal fatto che la manifestazione più spesso riportata in associazione al quadro di fragilità è proprio la riduzione del grado di mobilità, come dimostrato da una recente survey europea.
Un aspetto particolare è quello della FA dopo cardiochirurgia, che interessa il 15-45% dei casi e può manifestarsi anche tardivamente proprio durante la fase di RCV ma la terapia anticoagulante orale viene prescritta in una bassa percentuale di casi che avrebbero indicazione. In relazione alla terapia anticoagulante e l’uso dei NAO, va poi tenuto presente che fra le comorbidità più frequenti nel Pz fragile vi sono l’ insufficienza renale e le cadute, e le principali cause di mancata prescrizione sono quelle legate ai sanguinamenti attivi, pregressi o a rischio.
S. Riccobono (Milano, 23 Marzo 2018)
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