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Il paziente anziano, fragile, fibrillante e polipatologico - Il ruolo dei DOACS

Come abbiamo visto nella relazione precedente la definizione del paziente fragile non è poi così semplice e può avvenire in modi molto diversi. Ai fini della mia relazione intendo declinare il concetto di fragilità nelle seguenti categorie: pazienti anziani (> 75 anni), pazienti con insufficienza renale cronica (comorbidità molto importante e frequente), pazienti con anemia o pregressi sanguinamenti gastro-intestinale, pazienti con numerose terapie concomitanti (e quindi anche con possibile scarsa compliance) e paziente a rischio cadute. Non si potrà non concludere il tutto con la questione dei bassi dosaggi dei nuovi anticoagulanti che sono quelli maggiormente prescritti in questi pazienti.

 

Innanzitutto va fatto un cappello introduttivo alla terapia anti-coagulante. Gli studi registrativi dei 4 farmaci in commercio (apixaban, dabigatran, edoxaban e rivaroxaban, in rigoroso ordine alfabetico) hanno valutato tutti gli stessi outcome: l'outcome primario composito di efficacy di ictus ed embolia sistemica, l'outcome composito di safety di sanguinamenti maggiori (a sua volta poi diviso in sanguinamenti intracranici e gastrointestinali) e la mortalità per tutte le cause. Il confronto dei risultati dei vari studi benché possa darci un'idea del confronto tra i vari farmaci (cosa che non è mai stata affrontata in studi specifici) ha dei limiti dal punto di vista statistico. È infatti possibile confrontare gli Odds Ratio dei vari outcome nei 4 studi ma le popolazioni di partenza sono differenti ed è quindi normale che siano stati ottenuti risultati diversi. Benché età, genere e numero di pazienti fossero fondamentalmente sovrapponibili la principale differenze riscontrata sta nel punteggio CHAD-VASC che risultava maggiore negli studi approvativi di rivaroxaban (media 3.5) ed edoxaban (media 2.8) rispetto a quelli di dabigatran ed apixaban (media 2.1). Simile discorso anche per quanto riguarda il versante dei sanguinamenti con un punteggio di HAS-BLEED maggiore per le prime due molecole prima elencate. Inoltre in questo punto anche una differente definizione dei sanguinamenti veniva usata nei 4 studi.

 

Posta questa premessa statistica la superiorità statistica rispetto a warfarin è stata raggiunta per l'outcome primario di efficacy solo da dabigatran 150 mg ed apixaban. Per l'outcome di efficacy (sanguinamenti maggiori) solo dabigatran 110 mg, apixaban ed edoxaban si sono dimostrati significativamente superiori al warfarin mentre scorporando solo i sanguinamenti gastrointestinali apixaban è l'unico che si è dimostrato superiore rispetto al vecchio anticoagulante orale. Per finire la mortalità per tutte le cause è stata ridotta significativamente solamente dall'apixaban.

 

Fatta questa necessaria premessa sui 4 nuovi (oramai non più tanto nuovi) anticoagulanti in commercio addentriamoci ora nel vivo del loro utilizzo nel paziente fragile. La semplice età non è sicuramente un fattore sufficiente a dimostrare la presenza di fragilità ma, analisi condotte dagli studi registrativi suddividendo i pazienti in base all'età hanno permesso di identificare come non vi siano differenze statisticamente significative negli outcome sia di safety che di efficaci determinati dall'età con i 4 farmaci in commercio.

Passando alla comorbidità sicuramente più importante (l'insufficienza renale cronica) i 4 farmaci presentano differenti prescrivibilità in base al filtrato renale. Dabigatran non deve essere somministrato in pazienti con GFR < 30 mL/min, vi sarebbe la teorica indicazione alla somministrazione del dosaggio di 75 mg tra i 15 e i 30 mL/min ma questo non è presente sul mercato italiano. Sia rivaroxaban che edoxaban non devono essere utilizzati al di sotto dei 15 mL/min mentre tra i 50 e i 15 devono essere prescritti i dosaggi ridotti. Assolutamente particolare è invece la situazione di apixaban laddove la disfunzione renale in sé non costituisce problema e non vi sono specifiche controindicazioni in base al filtrato glomerulare. La presenza però di una creatinina > 1.5 mg/dL, unità ad un altro fattore tra età > 80 anni e peso < 60 Kg porta alla necessità della prescrizione del dosaggio ridotto di 2.5 mg x 2.

 

A tal proposito un interessante studio (Raccah BH et al. Chest 2016; 149: 1516-24) riporta come un confronto indiretto degli OR per gli end-point sopra citati eseguito dividendo i pazienti in base alla funzione renale ci permette di individuare una superiorità di apixaban versus gli altri 3 DOAC in commercio.

Passando al problema dei tassi di sanguinamento gastrointestinale (e quindi indirettamente anche dell'anemia) apixaban è l'unico che ha dimostrato una riduzione significativa rispetto a warfarin di questo outcome. La percentuale di incremento dei sanguinamenti gastrointestinali è invece del 49% per dabigatran, 61% per rivaroxaban e 23% per edoxaban. Questi risultati sono inoltre confermati anche da studi real-life (Lip GYH et al. Trhombosys and Haemostasis 2016; 116: 975-86) tanto che le relative linee guida consigliano proprio apixaban o dabigatran 100 mg nei pazienti con alto rischio di sanguinamento gastrointestinale.

 

Il problema delle interazioni farmacologiche è particolarmente importante nel paziente fragile che tipicamente assume molti farmaci. Una delle interazioni più importanti nei pazienti in FA è sicuramente quella con l’amiodarone. Infatti con il warfarin è stata dimostrata un incremento del numero di stroke e dell’embolismo sistemico nei pazienti in contemporanea terapia con amiodarone mentre questo non solo non è vero nei pazienti in terapia con apixaban ma anzi si conferma una significativa riduzione di questo tipo di eventi (Flaker G. et al. JACC 2014;64:1541-50). Nei pazienti in terapia con rivaroxaban si dimostra invece un interazione significativa con un incremento degli eventi embolici (Steinberg BA et al. Heart Rhythm. 2014 Jun;11(6):925-32), per dabigatran ed edoxaban non sono invece presenti dati in letteratura.

Un altro problema tipico dei pazienti con politerapia è quello della compliance che tende a diminuire all’incrementare del numero di farmaci assunti. Un analisi di dati real-word ha dimostrato come apixaban sia, tra i quattro DOACs in commercio, quello nel quale si determini il minor rate di discontinuazione (Pan et al. Presented at the ESC Congress 2014. Abstract #5112).

 

Finiamo questa disamina su nuovi anticoagulanti e paziente fragile parlando dei bassi dosaggi che sono appunto quelli più frequentemente prescritti in questi pazienti. L’utilizzo di apixaban 2.5 mg benchè associato a peggiori caratteristiche cliniche (pazienti più anziani, con disfunzione renale e con punteggi CHAD-VASC e HAS-BLEED più alti) si associa comunque ad una persistente e significativa riduzione sia dell’outcome primaria di efficacy ma anche di quello di safety (Xiaoyan Li et al. PLoS One. 2018; 13(1): e0191722.) dimostrando l’ottima resa di questo farmaco quando ne vengono rispettati i criteri per la prescrizione del basso dosaggio.

 

Risultati clinici trials Noacs

 

 

Dott. Alessandro Maloberti

L'approccio integrato e multidisciplinare alla terapia con i DOACs per la gestione ottimale del paziente

(Milano, 23 Marzo 2018)

05/01/2019