I 'non più nuovi' anticoagulanti orali: i DOACLo sviluppo degli anticoagulanti orali ad azione diretta (DOAC) ha rappresentato un importante avanzamento nella terapia per la prevenzione del tromboembolismo arterioso e venoso. Questi farmaci stanno, a tutti gli effetti, sostituendo l’impiego di warfarin, molecola caratterizzata da numerose limitazioni quali a) ritardata insorgenza d’azione, b) ristretta finestra terapeutica, c) numerose interazioni farmacologiche con altri farmaci o alimenti, d) risposta variabile e non prevedibile, e) influenza del polimorfismo genetico di CYP2C9 e VKORC1, f) necessità del frequente monitoraggio della coagulazione (1,2).
Farmacologia ed Interazioni farmacologiche Ad oggi, in Italia, sono disponibili quattro DOAC, dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban. Sebbene questi farmaci appartengono ad un’unica classe terapeutica, si osservano numerose ed importanti differenze, a partire dal loro profilo farmacologico (Tabella 1).
L’assorbimento intestinale di tutti i DOAC è in parte limitato dall’interazione che coinvolge il trasportatore di membrana P glicoproteina (P-gp) che svolge un ruolo di estrusione dalla cellula verso il lume intestinale. Questa interazione potrebbe essere causa di interazione farmacologica con inibitori o induttori della P-gp (2-4). Al fine di comprendere meglio le possibili interazioni farmacologiche dei DOAC, è necessario partire dalla conoscenza delle loro caratteristiche farmacocinetiche (Tabella 1). Vi sono almeno due aspetti particolarmente importanti da considerare. 1) Tutti i DOAC sono substrati della P glicoproteina (P-gp), proteina che ne regola sia il loro assorbimento a livello intestinale sia la loro disposizione nell’organismo. 2) I DOAC vanno incontro ad un differente metabolismo.
Per esempio, la somministrazione dei DOAC è controindicata in pazienti trattati con rifampicina, potente induttore della P-gp. Al contrario, tra i farmaci spesso utilizzati in pazienti con fibrillazione atriale che esercitano un’azione inibitoria sulla Pgp, va certamente ricordato l’antiaritmico amiodarone ed eventualmente il dronedarone. Antifungini, macrolidi ed antiretrovirali inibitori delle proteasi, sono altri potenti inibitori della P-gp che interagiscono con i DOAC (2-4).
Le possibili interazioni farmacologiche dei DOAC sono riassunte in Figura in cui sono distinti i farmaci controindicati, le combinazioni che prevedono un aggiustamento di dosaggio, quelle in cui si può mantenere la dose originale: quando si associano due di questi ultimi va fatta una valutazione accurata della somministrazione, che potrebbe anche portare alla decisione di evitare la prescrizione di uno di essi oppure ad un aggiustamento di dosaggio.
Clinica I DOAC quali l’inibitore della trombina dabigatran o del fattore Xa rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, hanno dimostrato una non inferiorità (rivaroxaban ed edoxaban) (7,8) o una superiorità (dabigatran e apixaban) (9.10) rispetto a warfarina nel prevenire ictus ed eventi tromboembolici in pazienti con fibrillazione atriale (FA) associata ad una riduzione significativa di emorragie cerebrali rispetto a warfarin (11). Uno dei principali vantaggi nell’utilizzo dei DOAC, rispetto a warfarina, risiede certamente nel non dover monitorare la loro attività anticoagulante. Oltre a questo, tutti i DOAC mostrano un profilo migliore, rispetto a warfarina, nelle possibili interazioni farmacologiche con altri farmaci.
Sulla base delle evidenze cliniche e sperimentali ad oggi disponibili, emerge chiaramente che i DOAC posseggono delle differenze significative da un punto di vista farmacologico e soprattutto farmacocinetico che si possono tradurre in un diverso profilo di efficacia e sicurezza clinica. Le diverse peculiarità permettono di personalizzare la terapia anticoagulante in base alle caratteristiche del paziente al fine di ottenere il massimo beneficio clinico. Per esempio, in pazienti in terapia con warfarin ed una buon controllo del INR ma affetti da ricorrenti attacchi ischemici transienti si suggerisce di utilizzare i DOAC che, ad oggi, hanno mostrato la maggior efficacia clinica, ovvero dabigatran 150 mg BID e apixaban (Figura 2) (2,12).
In pazienti con insufficienza renale moderata (CrCl 15-49 ml/min) si potrebbe certamente optare per apixaban a dose piena, oppure rivaroxaban e edoxaban 30 mg. In caso di un elevato rischio di sanguinamenti gastrointestinali, apixaban rimane certamente il farmaco di riferimento, seguito da dabigatran a 110 mg BID. Per pazienti con sintomi gastrointestinali o dispepsia sarebbe meglio evitare l’assunzione di dabigatran. Ad un elevato rischio di sanguinamento gastrointestinale si potrebbe optare per apixaban, dabigatran 110 mg BID, oppure edoxaban. In caso di co-trattamento con amiodarone, apixaban parrebbe il DOAC migliore. Infine, in pazienti che prediligono una terapia mono giornaliera le uniche opzioni terapeutiche ricadono su rivaroxaban ed edoxaban.
Conclusioni In conclusione, la conoscenza delle caratteristiche farmacologiche dei DOAC risulta fondamentale per poter personalizzare il trattamento in base alle caratteristiche dei pazienti con AF, al fine di ottenere la miglior efficacia terapeutica minimizzando gli effetti avversi, principalmente legati ai fenomeni di sanguinamento. A tale riguardo, risulta importante considerare parametri fisiopatologici legati al paziente, quali la funzionalità renale, la dispepsia, il rischio di sanguinamenti e di eventi ischemici, cosi come le terapie concomitanti che potrebbe generare delle interazioni clinicamente rilevanti e la compliance della somministrazione BID o mono-giornaliera.
Dott. Alberto Corsini e Nicola Ferri (Milano, 23 Marzo 2018) |
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