Cuore "in alta quota"
Una delle domande più classiche rivolte dai pazienti al cardiologo ha per oggetto la possibilità di viaggiare in aereo.
Nonostante il rischio di andare incontro a significativi episodi di ischemia miocardica, di aritmia grave o di embolia polmonare (questultima quale conseguenza di una trombosi venosa profonda) durante un viaggio in aereo sia complessivamente basso nella popolazione con malattia cardiaca stabile, esistono dei gruppi di popolazione a rischio più elevato.
Nellinsieme, gli eventi cardiovascolari costituiscono il 10-20% delle cause di morbilità in-volo, secondi solo alle crisi vaso-vagali. Stime precise è difficile farne, ma è verosimile considerare proporzionata una cifra complessiva di incidenti medici da causa cardiovascolare intorno alluno per milione di passeggeri.
In questa sessione tratteremo delle precauzioni da adottare per i pazienti affetti da cardiopatia ischemica.
Numerosi sono i meccanismi attraverso i quali i viaggi aerei possono favorire episodi di ischemia miocardica.
Come è noto, la pressione allinterno di un aereo in volo è equiparabile a quella che si incontra in montagna ad una quota intorno ai 2000-2500 metri. La rapida esposizione a questi valori pressori che si ottiene dopo il decollo, induce modificazioni fisiologiche che possono comportare una riduzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue, un aumento della stimolazione catecolaminica, un aumento della pressione arteriosa (soprattutto a livello del circolo polmonare) ed uno stato di stress mentale, in grado di precipitare lischemia miocardica in persone con malattia coronarica non corretta. Ciononostante, non è mai stato scientificamente dimostrato che questa situazione di maggior pericolo si correli effettivamente con un aumento degli episodi ischemici durante i viaggi in aereo. È provato, infatti, che lesposizione ad altitudini moderate è associata a riduzione della riserva coronarica solo durante lesercizio fisico, mentre non lo è a riposo.
Evitate, dunque, di giocare a tennis da una fila di sedili allaltra durante le lunghe ore di un volo transoceanico. Allo stesso modo, non è stato dimostrato che laumentato tono simpatico e la riduzione della pressione parziale di ossigeno siano in grado di indurre aritmie gravi, allinfuori di un modesto aumento di extrasistolia non ripetitiva. Tutte le precedenti considerazioni vanno applicate nei casi di cardiopatia ischemica stabile. Se parliamo, invece, di condizioni di instabilità, il discorso va ulteriormente precisato. Nella fattispecie, è opportuno rinviare un viaggio aereo ad almeno 2 settimane dopo un infarto miocardico non complicato e a 2 settimane dallavvenuta stabilizzazione clinica in caso di infarto miocardico complicato da shock o scompenso cardiaco. In particolare, le società scientifiche statunitensi consigliano, prima di affrontare un volo, lesecuzione di un test provocativo nei pazienti che sono stati rivascolarizzati farmacologicamente (trombolisi) e non sono stati sottoposti, in seguito, a coronarografia ed eventuale angioplastica, per evidenziare eventuali condizioni di ischemia inducibile. Un caso particolare è rappresentato dal paziente che si è sottoposto (sia in urgenza che in elezione) ad angioplastica coronarica e che ha ricevuto, in tale occasione, limpianto di uno o più stent. La trombosi acuta dello stent rappresenta, infatti, la più severa tra le complicanze precoci di tali procedure e la sua occorrenza è massima nella prima settimana dopo langioplastica. Poiché è dimostrato che la riduzione della pressione parziale di ossigeno è in grado di alterare lequilibrio tra i processi pro-trombotici ed antitrombotici naturali dellorganismo, pare consigliabile aspettare almeno 2 settimane prima di imbarcarsi su un aereo dopo essersi sottoposti ad angioplastica coronarica con impianto di stent (ed anche più a lungo in caso di stent medicati). Il periodo sale a 3 settimane dopo un intervento di bypass aortocoronarico ed oltre se lintervento è stato gravato da complicanze respiratorie.
Possiamo, quindi, augurare buon viaggio a tutti, organizzate sereni i vostri spostamenti aerei, perché, reduce dalle ormai lontane vacanze estive, posso affermare che spostarsi in automobile è un fattore di rischio decisamente più elevato, soprattutto su certe autostrade!
(Fine prima parte)
Autore: Dott. Roberto Pirola - Emodinamica De Gasperis Ospedale Niguarda - Cà Granda - Milano
Nonostante il rischio di andare incontro a significativi episodi di ischemia miocardica, di aritmia grave o di embolia polmonare (questultima quale conseguenza di una trombosi venosa profonda) durante un viaggio in aereo sia complessivamente basso nella popolazione con malattia cardiaca stabile, esistono dei gruppi di popolazione a rischio più elevato.
Nellinsieme, gli eventi cardiovascolari costituiscono il 10-20% delle cause di morbilità in-volo, secondi solo alle crisi vaso-vagali. Stime precise è difficile farne, ma è verosimile considerare proporzionata una cifra complessiva di incidenti medici da causa cardiovascolare intorno alluno per milione di passeggeri.
In questa sessione tratteremo delle precauzioni da adottare per i pazienti affetti da cardiopatia ischemica.
Numerosi sono i meccanismi attraverso i quali i viaggi aerei possono favorire episodi di ischemia miocardica.
Come è noto, la pressione allinterno di un aereo in volo è equiparabile a quella che si incontra in montagna ad una quota intorno ai 2000-2500 metri. La rapida esposizione a questi valori pressori che si ottiene dopo il decollo, induce modificazioni fisiologiche che possono comportare una riduzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue, un aumento della stimolazione catecolaminica, un aumento della pressione arteriosa (soprattutto a livello del circolo polmonare) ed uno stato di stress mentale, in grado di precipitare lischemia miocardica in persone con malattia coronarica non corretta. Ciononostante, non è mai stato scientificamente dimostrato che questa situazione di maggior pericolo si correli effettivamente con un aumento degli episodi ischemici durante i viaggi in aereo. È provato, infatti, che lesposizione ad altitudini moderate è associata a riduzione della riserva coronarica solo durante lesercizio fisico, mentre non lo è a riposo.
Evitate, dunque, di giocare a tennis da una fila di sedili allaltra durante le lunghe ore di un volo transoceanico. Allo stesso modo, non è stato dimostrato che laumentato tono simpatico e la riduzione della pressione parziale di ossigeno siano in grado di indurre aritmie gravi, allinfuori di un modesto aumento di extrasistolia non ripetitiva. Tutte le precedenti considerazioni vanno applicate nei casi di cardiopatia ischemica stabile. Se parliamo, invece, di condizioni di instabilità, il discorso va ulteriormente precisato. Nella fattispecie, è opportuno rinviare un viaggio aereo ad almeno 2 settimane dopo un infarto miocardico non complicato e a 2 settimane dallavvenuta stabilizzazione clinica in caso di infarto miocardico complicato da shock o scompenso cardiaco. In particolare, le società scientifiche statunitensi consigliano, prima di affrontare un volo, lesecuzione di un test provocativo nei pazienti che sono stati rivascolarizzati farmacologicamente (trombolisi) e non sono stati sottoposti, in seguito, a coronarografia ed eventuale angioplastica, per evidenziare eventuali condizioni di ischemia inducibile. Un caso particolare è rappresentato dal paziente che si è sottoposto (sia in urgenza che in elezione) ad angioplastica coronarica e che ha ricevuto, in tale occasione, limpianto di uno o più stent. La trombosi acuta dello stent rappresenta, infatti, la più severa tra le complicanze precoci di tali procedure e la sua occorrenza è massima nella prima settimana dopo langioplastica. Poiché è dimostrato che la riduzione della pressione parziale di ossigeno è in grado di alterare lequilibrio tra i processi pro-trombotici ed antitrombotici naturali dellorganismo, pare consigliabile aspettare almeno 2 settimane prima di imbarcarsi su un aereo dopo essersi sottoposti ad angioplastica coronarica con impianto di stent (ed anche più a lungo in caso di stent medicati). Il periodo sale a 3 settimane dopo un intervento di bypass aortocoronarico ed oltre se lintervento è stato gravato da complicanze respiratorie.
Possiamo, quindi, augurare buon viaggio a tutti, organizzate sereni i vostri spostamenti aerei, perché, reduce dalle ormai lontane vacanze estive, posso affermare che spostarsi in automobile è un fattore di rischio decisamente più elevato, soprattutto su certe autostrade!
(Fine prima parte)
Autore: Dott. Roberto Pirola - Emodinamica De Gasperis Ospedale Niguarda - Cà Granda - Milano
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