Caso clinico elettrocardiografico: attenti al lupo!
A cura di Giovanni Tavecchia
Cardiologia 1 Degenza
Un uomo di 62 anni iperteso, dislipidemico e diabetico allerta il 112 per l’improvvisa insorgenza di dolore toracico oppressivo. All’arrivo del mezzo di soccorso viene registrato un ECG a 12 derivazioni che mette in luce i seguenti reperti: ritmo giunzionale 50bpm, normale conduzione intraventricolare, sottoslivellamento ascendente del tratto ST da V3 a V6 e in DII-aVF, lieve sopraslivellamento del tratto ST in aVR, onde T alte e simmetriche da V2 a V4 (Figura 1). Nel sospetto di infarto miocardico acuto, il paziente viene indirizzato in emodinamica per una strategia invasiva immediata. Il paziente si presenta in sala angiografica emodinamicamente stabile e in compenso cardiocircolatorio. Viene ripetuto un ECG, a circa 45 minuti di distanza dal primo, che mostra un parziale miglioramento delle alterazioni della ripolarizzazione (Figura 2). L’ecoscopia evidenzia un’acinesia dell’apice e una lieve disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. Alla coronarografia viene riscontrata un’occlusione trombotica acuta dell’arteria discendente anteriore prossimale e una coronaropatia critica del ramo intermedio e dell’arteria circonflessa. Il paziente viene quindi sottoposto ad angioplastica primaria sulla discendente anteriore e, nei giorni successivi, a completamento della rivascolarizzazione.
Figura 1: ECG di presentazione
Figura 2: ECG registrato all’arrivo in emodinamica
Discussione
L’ECG rappresenta l’esame di prima scelta per diagnosticare un’occlusione coronarica acuta. Tuttavia, utilizzando i criteri classici per la diagnosi di STEMI (sopraslivellamento del tratto ST in due derivazioni contigue), l’ECG non consente di identificare il 30% delle occlusioni coronariche acute che beneficerebbero di una rivascolarizzazione immediata [1]. Per aumentare la sensibilità diagnostica dell’ECG è fondamentale riconoscere tutti quei pattern elettrocardiografici non classificabili come STEMI ma comunque indicativi di occlusione coronarica acuta: i cosiddetti “STEMI equivalenti”. L’ECG del nostro paziente presenta 3 caratteristiche distintive: 1) sottoslivellamento ascendente del tratto ST nelle derivazioni precordiali; 2) lieve sopraslivellamento del tratto ST in aVR; 3) onde T alte e simmetriche in sede anteriore. Questo pattern elettrocardiografico, descritto per la prima volta nel 2008 dal Professor De Winter, si riscontra nel 2% dei pazienti con infarto miocardico acuto anteriore ed è associato ad occlusione trombotica dell’arteria discendente anteriore prossimale [2]. Il suo riconoscimento è fondamentale per indirizzare i pazienti ad una strategia invasiva immediata (come nel caso del nostro paziente). I meccanismi elettrofisiologici alla base di questo pattern non sono del tutto chiari. È stato ipotizzato che la sua genesi possa dipendere una variante anatomica delle fibre del Purkinje o da una deplezione ischemica di ATP con mancata attivazione dei canali al potassio sarcolemmali; inoltre, la presenza di circoli collaterali e il precondizionamento ischemico potrebbero proteggere il miocardio dall’ischemia transmurale e dalla conseguente comparsa di sopraslivellamento del tratto ST.
Bibliografia
[1] Schmitt, Claus, et al. "Diagnosis of acute myocardial infarction in angiographically documented occluded infarct vessel: limitations of ST-segment elevation in standard and extended ECG leads." Chest 120.5 (2001): 1540-1546.
[2] De Winter, Robbert J., et al. "A new ECG sign of proximal LAD occlusion." New England Journal of Medicine 359.19 (2008): 2071-2073.