Si tratta della più grave forma di cardiopatia congenita e comprende una serie di malformazioni che coinvolgono la parte sinistra del cuore: ha un’incidenza inferiore all’1% tra tutti i casi di cardiopatia congenita: due terzi dei neonati affetti dalla “sindrome del cuore sinistro ipoplastico” sono maschi.
Ho scelto di parlare di questa grave malattia per le profonde implicazioni scientifiche ed etiche, ma cercherò di spiegare di che cosa si tratta.
In questa patologia la parte sinistra del cuore presenta uno sviluppo non completo: il ventricolo sinistro è assente o ipoplasico (di ridotte dimensioni), l’atrio sinistro è piccolo, le valvole mitralica ed aortica possono essere stenotiche (ristrette) o atresiche (chiuse), l’aorta è di calibro ridotto (ipoplasia) e può presentare restrizioni segmentarie (coartazioni).
Il sangue proveniente dalle vene polmonari si dirige dall’atrio sinistro all’atrio destro, e dal ventricolo destro viene inviato in arteria polmonare: da questa una quantità di sangue attraverso il dotto di Botallo pervio giunge in aorta.
La pervietà del dotto di Botallo (piccolo tubo funzionante in età fetale per lo scambio di sangue tra il circolo venoso destro e il circolo arterioso ossigenato) garantisce la sopravvivenza del neonato in quanto è l’unica via attraverso la quale il sangue arriva in aorta: l’intera perfusione sistemica è quindi dotto dipendente.
Il dotto di Botallo è destinato a chiudersi e, quando questo avviene, il neonato va incontro inevitabilmente alla morte.
I neonati, per mantenere il dotto arterioso pervio, vengono subito dopo la diagnosi sottoposti a trattamento che consente la sopravvivenza del neonato nell’immediato.
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