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OCT (optical coherence tomography/tomografia a coerenza ottica)

Il principio con cui funziona l’OCT è simile all’ecografia, sebbene al posto degli ultrasuoni vengano utilizzate onde luminose vicine all’infrarosso.
In pratica le onde luminose, emesse nel vaso attraverso un apposito catetere posizionato nella coronaria, incontrano le strutture circostanti e da esse vengono in parte assorbite ed in parte riflesse. Le onde riflesse vengono captate da un sensore posizionato sul catetere ed analizzate attraverso un software che produce delle immagini visibili in diretta su un’apposita console.

 

Vediamo di illustrarne le caratteristiche principali e di spiegarne le utilità

 

1) L’OCT non sostituisce la coronarografia, la integra. La coronarografia è l’esame invasivo più completo per definire la presenza o meno di malattia coronarica e per studiarne l’estensione.
Essa sfrutta le caratteristiche di radiopacità del mezzo di contrasto che viene iniettato selettivamente al l’interno delle coronarie e, riempiendone il lume, ne permette la visualizzazione.

Tuttavia la coronarografia (come qualsiasi altra angiografia) permette di visualizzare solo l’interno dei vasi e non le pareti. L’OCT, invece rende visibili le pareti dell’arteria.

 

2) Metodiche simili all’OCT. La più simile è probabilmente l’ecografia intravascolare (IntraVascular Ultra- Sound – IVUS) che segue lo stesso concetto dell’OCT ma che utilizza ultrasuoni al posto di radiazioni luminose.
Sebbene sia uno strumento estremamente utile in molte situazioni, l’IVUS possiede un potere di risoluzione che, nella migliore delle ipotesi, è dieci volte inferiore a quello dell’OCT.
L’OCT è unica per capacità di distinguere l’architettura della parete dell’arteria e di analizzare strutture molto piccole, come, ad esempio, le maglie di uno stent.


3) Informazioni fornite dall’OCT. Analisi dettagliata della composizione delle pareti dell’arteria. Permette una distinzione precisa tra le diverse strutture che ne costituiscono l’architettura.
È lo strumento più accurato per la misurazione delle dimensioni di un vaso e, di conseguenza, per la scelta della taglia del palloncino coronarico o dello stent. Le informazioni fornite dall’analisi della placca aterosclerotica sono uniche in quanto l’OCT è in grado di distinguere le diverse componenti della placca, sfruttando le differenti proprietà ottiche di ciascun tessuto. L’esame della composizione della placca è molto utile dal punto di vista della ricerca per comprendere i meccanismi che stanno alla base della genesi e della progressione dell’aterosclerosi.


4) Quando utilizzare l’OCT. L’OCT si usa per motivi di ricerca e per motivi clinici. In ambito di ricerca le informazioni fornite dall’OCT riguardano prevalentemente le componenti della placca aterosclerotica e la loro possibile correlazione con eventi clinici, come l’angina pectoris o l’infarto del miocardio. Dal punto di vista clinico l’OCT può aiutare a comprendere i meccanismi di alcune problematiche legate a un pregresso posizionamento di stent, come la trombosi di stent o la ristenosi. E’ molto precisa nel valutare il risultato immediato di un’angioplastica coronarica e, in particolare, il corretto posizionamento delle maglie dello stent e la presenza di malattia coronarica residua o dissezioni causate dal posizionamento dello stent stesso. Non è necessario utilizzare l’OCT in tutte le procedure di angioplastica, essa trova, piuttosto, applicazione in situazioni particolari, come nel caso di angioplastiche complesse o quando vengano utilizzati i nuovi scaffold bioriassorbibili (stent riassorbibili), scarsamente visibili all’IVUS e, ancor meno, all’angiografia.

Infine un’analisi OCT a distanza permette di valutare il grado di endotelizzazione dello stent, ossia quanto e come le maglie dello stent sono state inglobate nella parete dell’arteria dal processo di cicatrizzazione proprio dell’arteria.


5) Benefici per il paziente. Certificare il successo immediato ottimale dell’angioplastica coronarica, anche se, al momento, non vi sono dati certi che dimostrino un miglior risultato clinico nei pazienti trattati con angioplastica ed ausilio di OCT rispetto a quelli trattati senza OCT. Di sicuro l’analisi OCT, rendendo chiaramente visibile l’interno delle coronarie, sta insegnando molto al cardiologo interventista.
Gli studi attualmente in corso, che utilizzano l’OCT per analizzare la composizione delle placche aterosclerotiche, stanno cercando le possibili correlazioni tra alcune caratteristiche delle lesioni aterosclerotiche e gli eventi clinici più gravi, come infarto miocardico e sindromi coronariche acute in generale. Questo aspetto è uno dei punti di maggior interesse relativi a questa metodica, che rimane, al momento, lo strumento più preciso per l’analisi in vivo della morfologia delle lesioni vascolari. Se questi studi identificassero dei marcatori in grado di predire l’evoluzione di una lesione aterosclerotica, saremmo potenzialmente in grado di ridurre significativamente eventi clinici importanti che hanno un impatto pesante sulla vita dei pazienti e sulla sanità in generale.

28/05/2014