A Niguarda il primo trapianto a cuore fermo
De Gasperis Cardio Center: il primo trapianto a cuore fermoIl De Gasperis Cardio Center dell'Ospedale Niguarda ha eseguito il primo trapianto 'a cuore fermo', cioè il trapianto di un cuore che aveva smesso di battere da 20 minuti. A effettuare il trapianto, il gruppo di Cardiochirurgia e del Trapianto del Cuore guidato da Claudio Russo.
Il trapianto 'a cuore fermo' è divenuto possibile solo da alcuni mesi, grazie a tecniche di circolazione extracorporea che fanno ripartire il cuore. Vengono messe in atto dopo la morte in soggetti in cui i trattamenti intensivi vengono sospesi in seguito a neurolesioni di estrema gravità.
La tecnologia alleata del cuoreIl trapianto a cuore fermo eseguito a Niguarda conferma quanto ci aveva già segnalato lo stesso Claudio Russo a proposito degli sviluppi tecnologici in ambito trapiantologico, facendo il punto su donazioni e trapianti di cuore in occasione della 25° giornata nazionale della donazione di organi e tessuti.
“La cardiochirurgia”, spiegava allora Russo, “è una specialità altamente tecnologica. In ambito trapiantologico, ad esempio, oggi abbiamo a disposizione una macchina che di fatto permette al cuore, anche una volta estratto dal corpo dopo che è stata constatata la morte cerebrale, di continuare a battere e a essere irrorato di sangue per un certo lasso di tempo attraverso un meccanismo di circolazione extracorporea: un sistema che prolunga il tempo di utilizzabilità del cuore stesso, aumentando di fatto la disponibilità di cuori adatti al trapianto”.
Perché 20 minutiCome spiega il Ministero della Salute, “In Italia, la donazione a cuore fermo può avvenire solo dopo che un medico abbia certificato la morte mediante l’esecuzione di un elettro-cardiogramma protratto per un tempo di almeno 20 minuti. In altre parole, per stabilire la morte di una persona, la legislazione italiana prevede 20 minuti di assenza di attività cardiaca: questo è considerato il tempo dopo il quale la perdita delle funzioni è certamente irreversibile, e quindi si è in presenza della morte dell’individuo.
“Una volta accertata la morte”, sottolinea il Ministero, “il prelievo di organi da un donatore a cuore fermo a scopo di trapianto si presenta come una procedura complessa dal punto di vista organizzativo, a partire dal sistema di emergenza sanitaria territoriale e dalle equipe di medici e operatori sanitari coinvolti nelle diverse procedure”.
Fino ad un anno fa, 20 minuti erano considerati non compatibili con la ripresa dell’attività del cuore. Le procedure a cui ha fatto ricorso l'equipe del De Gasperis Cardio Center di Niguarda, invece, hanno reso possibile trapiantare il cuore e fare in modo che riprendesse a funzionare.
Buone notizie sul fronte dei trapianti di cuorePer chi è in attesa di un trapianto di cuore, il trapianto a cuore fermo eseguito dal De Gasperis Cardio Center è certamente una buona notizia.
La possibilità di fare ricorso a questo tipo di trapianti consente di per sé di aumentare il numero dei potenziali donatori, e non solo perché – come spiegava Russo – cresce di fatto la quantità di cuori “eligibili” per il trapianto.
Considerando che in Italia c’è ancora una diffidenza diffusa sul tema dell’accertamento della morte prima che gli organi vengano prelevati (ingiustificata, perché siamo tra gli Stati più garantisti: nella maggior parte dei Paesi europei i minuti per accertare la morte sono cinque), la possibilità di effettuare trapianti a cuore fermo può rappresentare una rassicurazione in più per i potenziali donatori e i loro familiari, e quindi un incentivo alla donazione.
Anche da questo punto di vista, i familiari del donatore che hanno dato l’ok alla donazione degli organi – grazie alla loro decisione, oltre al cuore è stato possibile prelevare anche il fegato e i reni, poi trapiantati in altre strutture della Rete Nazionale Trapianti – sono proprio quel genere di esempio di cui c’è bisogno per diffondere la cultura del dono.
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