5x1000

L’ipertensione arteriosa polmonare - Linee guida ESC 2022

L'ipertensione polmonare è una patologia considerata rara e sicuramente meno conosciuta di altre – non solo dai pazienti, ma anche dai medici – e, pertanto, molte volte non diagnosticata e/o non trattata correttamente.

 

Di che cosa si tratta?

Prima di analizzare le Linee guida dell’European Society of Cardiology (Esc) 2022 in proposito, facciamo un piccolo passo indietro, con un breve cenno all’anatomia e alla fisiologia: il cuore è suddiviso in due sezioni, quelle di sinistra e quelle di destra. Le prime pompano, attraverso l’aorta, il sangue ossigenato dal polmone verso gli organi periferici, mentre le altre ricevono il sangue ricco di anidride carbonica dalle vene, lo spingono nell’arteria polmonare e, tramite questa, al polmone.

 

Se tutti conosciamo l’ipertensione arteriosa sistemica (la cosiddetta “pressione alta”), che consiste, per dirla in modo semplice, nell’incremento dei valori pressori in aorta, probabilmente pochi di noi sanno che esiste una condizione analoga che si caratterizza per l’aumento della pressione nel circolo polmonare.

 

Quali sono le cause?

Esistono diverse cause che possono determinare l’aumento dei valori pressori in arteria polmonare: le più comuni sono le patologie del cuore sinistro (cardiomiopatie, valvulopatie), le cardiopatie congenite, le patologie del polmone (BPCO, interstiziopatie), il tromboembolismo polmonare cronico; non si deve poi dimenticare il ruolo di alcuni farmaci (anoressizzanti, chemioterapici come dasatinib e ciclofosfamide, interferone, sofosbuvir), droghe (cocaina, metanfetamine) e di patologie extracardiache (connettivopatie – in primis la sclerosi sistemica – infezione da HIV, epatopatie complicate da ipertensione portale).

 

Le più rare sono le forme genetiche di ipertensione polmonare e la forma “idiopatica”, ossia una malattia del circolo polmonare la cui causa non è nota.

 

Come si manifesta?

La principale manifestazione clinica dell’ipertensione polmonare è la dispnea (ossia la fatica a respirare quando si fa uno sforzo), ma ci possono essere anche altri sintomi associati, come debolezza, cardiopalmo (palpitazioni), distensione addominale e fatica nella digestione, sincope. Si tratta comunque di disturbi aspecifici, ossia comuni a molte patologie.

 

In presenza di tali sintomi, deve però accendersi un campanello di allarme per i soggetti che già sanno di essere affetti da una delle condizioni che si associano a ipertensione polmonare, primi tra tutti i pazienti con patologie autoimmunitarie, con HIV, con epatopatia, con storia di embolia polmonare. Soprattutto in questi casi è indicato eseguire degli approfondimenti diagnostici mirati a escludere la presenza di ipertensione polmonare.

 

Quali approfondimenti diagnostici sono indicati?

Il primo esame che viene eseguito è l’ecocardiogramma che, oltre a valutare come si contraggono i ventricoli e come funzionano le valvole, ci può fornire una stima delle pressioni in arteria polmonare.

 

La conferma diagnostica viene solo dal cateterismo cardiaco destro, un esame che, tramite la puntura di una vena (solitamente la giugulare) e l’inserimento di un apposito catetere (detto di Swan-Ganz), che passa attraverso l’atrio e il ventricolo destro e arriva all’arteria polmonare e ai suoi rami più periferici, consente di misurare direttamente le pressioni nelle camere cardiache e nel circolo polmonare.

 

Il cateterismo cardiaco è una procedura invasiva, non troppo dolorosa (la parte fastidiosa potrebbe essere il posizionamento iniziale dell’accesso venoso, ma tutto ciò che segue è indolore). Esso deve essere eseguito in centri che svolgono un elevato numero di queste procedure, poiché l’esperienza consente di interpretare al meglio i risultati dell’esame ed è associata a minor rischio di complicanze.

 

Nel paziente con ipertensione polmonare devono poi essere eseguiti anche altri esami (ematochimici e strumentali) finalizzati a determinare una possibile causa trattabile con terapie specifiche.

 

L’ipertensione polmonare è una condizione grave, con prognosi infausta soprattutto se riconosciuta tardivamente; tuttavia, per alcune forme, se si individua la patologia causale, è possibile, trattandola, guarire o migliorare il decorso della malattia.

 

Un esempio è l’ipertensione polmonare tromboembolica, una forma secondaria all’embolizzazione, nei rami del circolo polmonare, di coaguli a partenza dal distretto venoso. L’ipertensione polmonare tromboembolica può essere conseguente a un quadro acuto (la classica embolia polmonare, in cui però, nonostante la terapia anticoagulante, il coagulo non si scioglie e provoca un aumento delle pressioni polmonari), oppure cronica (fenomeni embolici che non danno segno di sé se non tardivamente). In questi casi la terapia è chirurgica (la tromboendoarteriectomia polmonare), e consiste nella rimozione fisica dei coaguli che occludono i rami arteriosi polmonari, oppure interventistica (si rilasciano stent intravascolari che riaprono i vasi chiusi). Dopo questi trattamenti le pressioni polmonari si normalizzano.

 

Ci sono anche altri esempi che mostrano come l’ipertensione polmonare possa essere trattata curando la malattia di base: se sappiamo che essa è secondaria a una valvulopatia, l’intervento chirurgico di riparazione della valvola o di sostituzione con protesi la risolverebbe. Anche le malattie del connettivo e le forme autoimmuni, se trattate con la terapia specifica, potrebbero prevenire/rallentare lo sviluppo di ipertensione polmonare. L’ipertensione porto-polmonare (ossia la forma che si può verificare nei pazienti con malattia del fegato) può essere una controindicazione al trapianto epatico; pertanto, va ricercata ed eventualmente trattata nei pazienti che potrebbero necessitare di questo percorso di cura.

 

Le forme più aggressive e difficili da trattare sono quelle idiopatiche, quelle genetiche e quelle associate a malattie autoimmuni. Per queste e altre forme sono stati sviluppati dei farmaci efficaci nel migliorare i sintomi e la tolleranza allo sforzo. Sono farmaci formulati in compresse (ambrisentan, macitentan, sildenafil, tadalafil, riociguat, selexipag), indicati in genere in combinazione nelle forme meno gravi, oppure somministrati per via endovenosa (epoprostenolo) e sottocutanea (iloprost) in infusione continua, o inalatoria (iloprost); questi ultimi sono utilizzati negli stadi più avanzati.

 

Infine, nei casi più gravi e selezionati, in assenza di controindicazioni, si può arrivare al trapianto di polmone.

 

In conclusione

E' importante conoscere l’ipertensione polmonare e, per il medico, considerarla tra le possibili diagnosi quando visita un paziente con caratteristiche sospette. Essendo una condizione non così frequente (se si escludono le forme secondarie a malattie del cuore sinistro e a patologie del polmone), è necessario, dopo aver posto il sospetto diagnostico, riferire il paziente ad un centro di riferimento per eventuali ulteriori approfondimenti e per il trattamento. Ciò non significa che il centro più periferico non possa continuare a gestire i pazienti con ipertensione polmonare, ma che è importante che lo faccia in stretta collaborazione con il centro più esperto, al fine di non ritardare la diagnosi e soprattutto il trattamento di una condizione così complessa.

 



Autore: Dott.ssa Martina Milani