Attività fisica, non solo: Salute & Forma Fisica
Secondo lultima indagine Istat, gli obesi sono aumentati del 25%; sono soprattutto uomini del Sud Italia (dove vive il 46% della popolazione obesa). Inoltre, sempre secondo i dati Istat, il 35% dei bambini di tutta Italia è in sovrappeso mentre il 10% è obeso. Lobesità è considerata uno dei più importanti fattori di rischio per malattie come diabete e iperglicemia.
Da un recente studio italiano che ha valutato la qualità della vita del paziente obeso, lepidemiologia della sindrome metabolica negli obesi e i motivi che spingono i pazienti ad abbandonare la dieta, è emerso che lobesità interessa il dieci per cento della popolazione: soprattutto sopra i 40 anni, sposati e, a differenza dei dati Istat, sembra che la malattia interessi prevalentemente le donne.
Per il 60% mangiare è una droga e meno del 15% fa sport con regolarità. Oltre ai chili in più il 56% russa durante il sonno, accusa sonnolenza diurna e spesso, soprattutto tra le donne, soffre di problemi psicologici; il 53% dei pazienti soffre di ipertensione, diabete, colesterolo e trigliceridi alti.
Linsieme di queste alterazioni, definito sindrome metabolica, è considerato uno dei più importanti fattori di rischio per cuore e arterie ed è anche la patologia cronico-degenerativa più costosa dei paesi occidentali. Secondo lo studio la sindrome metabolica colpisce oltre il 20% della popolazione e più del 60% degli ultrasessantenni, copre il 20% della spesa sanitaria e aumenta di circa il doppio la probabilità di avere un incidente cardiovascolare.
Per distinguere le persone in sovrappeso da quelle obese la medicina basata sulle prove (Clinical Evidence Based Medicines) definisce l'obesità in base all'indice di massa corporea. Sono in sovrappeso quelle con indice di massa corporea tra 25 e 30. Sono obese quelle sopra i 30.
La relazione tra peso corporeo e mortalità ha un andamento a U: è maggiore negli adulti sottopeso cioè con indice di massa corporea inferiore a 18,5 e in quelli con obesità grave (indice
di massa corporea superiore a 35).
Lo studio del Centre for disease and control (Flegal 2005) pubblicato ad aprile su JAMA dimostra che il maggior rischio per la vita lo corre chi è sottopeso o chi è obeso con indice di massa corporea superiore a 35, non corrono pericolo invece le persone sovrappeso e anche quelle obese ma con indice di massa corporea compreso tra 30 e 35.
Gli obesi, quindi, non sono tutti uguali: bisogna valutare attentamente ogni singolo profilo per poter calcolare il reale rischio.
E' richiesta precisione anche per definire le persone con la sindrome metabolica. In base alle nuove linee guida dellAmerican Heart Association si parla di sindrome metabolica quando sono presenti almeno tre dei seguenti fattori di rischio: circonferenza addominale superiore a 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini, trigliceridi alti, colesterolo HDL ridotto, pressione arteriosa alta (sistolica sopra i 130 mmHg e diastolica
sopra gli 85 mmHg) glicemia a digiuno superiore a 100 mg/dl.
Lobesità quindi predispone alla sindrome ma le persone più a rischio sono quelle con molto grasso distribuito sulladdome e per emettere una diagnosi è necessario considerare la misura della circonferenza addominale oltre agli altri fattori di rischio.
LAssociazione americana per il diabete e lAssociazione europea per gli studi sul diabete hanno messo in dubbio lesistenza di questa sindrome, molto studiata dallindustria farmaceutica. In un articolo pubblicato su Diabetes Care and Diabetologia affermano che la sindrome metabolica ha una definizione poca accurata, incoerente e necessita di ulteriori studi per capire come potrebbe essere affrontata. Si invitano i medici a non diagnosticare e curare la sindrome metabolica come se fosse una unica malattia con ununica soluzione.
La sindrome metabilica sino a quando non saranna disponibili dati precisi, è semplicemente un nome dato allinsieme di più fattori di rischio per cuore e vasi: non cè nessun vantaggio clinico ad affrontarli come se fossero una unica entità anziché singolarmente, ciascuno con una specifica soluzione (riduzione di peso tramite dieta e attività fisica, abbandono del fumo).
Autore: Patrizia Valentina Arcuri
Da un recente studio italiano che ha valutato la qualità della vita del paziente obeso, lepidemiologia della sindrome metabolica negli obesi e i motivi che spingono i pazienti ad abbandonare la dieta, è emerso che lobesità interessa il dieci per cento della popolazione: soprattutto sopra i 40 anni, sposati e, a differenza dei dati Istat, sembra che la malattia interessi prevalentemente le donne.
Per il 60% mangiare è una droga e meno del 15% fa sport con regolarità. Oltre ai chili in più il 56% russa durante il sonno, accusa sonnolenza diurna e spesso, soprattutto tra le donne, soffre di problemi psicologici; il 53% dei pazienti soffre di ipertensione, diabete, colesterolo e trigliceridi alti.
Linsieme di queste alterazioni, definito sindrome metabolica, è considerato uno dei più importanti fattori di rischio per cuore e arterie ed è anche la patologia cronico-degenerativa più costosa dei paesi occidentali. Secondo lo studio la sindrome metabolica colpisce oltre il 20% della popolazione e più del 60% degli ultrasessantenni, copre il 20% della spesa sanitaria e aumenta di circa il doppio la probabilità di avere un incidente cardiovascolare.
Per distinguere le persone in sovrappeso da quelle obese la medicina basata sulle prove (Clinical Evidence Based Medicines) definisce l'obesità in base all'indice di massa corporea. Sono in sovrappeso quelle con indice di massa corporea tra 25 e 30. Sono obese quelle sopra i 30.
La relazione tra peso corporeo e mortalità ha un andamento a U: è maggiore negli adulti sottopeso cioè con indice di massa corporea inferiore a 18,5 e in quelli con obesità grave (indice
di massa corporea superiore a 35).
Lo studio del Centre for disease and control (Flegal 2005) pubblicato ad aprile su JAMA dimostra che il maggior rischio per la vita lo corre chi è sottopeso o chi è obeso con indice di massa corporea superiore a 35, non corrono pericolo invece le persone sovrappeso e anche quelle obese ma con indice di massa corporea compreso tra 30 e 35.
Gli obesi, quindi, non sono tutti uguali: bisogna valutare attentamente ogni singolo profilo per poter calcolare il reale rischio.
E' richiesta precisione anche per definire le persone con la sindrome metabolica. In base alle nuove linee guida dellAmerican Heart Association si parla di sindrome metabolica quando sono presenti almeno tre dei seguenti fattori di rischio: circonferenza addominale superiore a 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini, trigliceridi alti, colesterolo HDL ridotto, pressione arteriosa alta (sistolica sopra i 130 mmHg e diastolica
sopra gli 85 mmHg) glicemia a digiuno superiore a 100 mg/dl.
Lobesità quindi predispone alla sindrome ma le persone più a rischio sono quelle con molto grasso distribuito sulladdome e per emettere una diagnosi è necessario considerare la misura della circonferenza addominale oltre agli altri fattori di rischio.
LAssociazione americana per il diabete e lAssociazione europea per gli studi sul diabete hanno messo in dubbio lesistenza di questa sindrome, molto studiata dallindustria farmaceutica. In un articolo pubblicato su Diabetes Care and Diabetologia affermano che la sindrome metabolica ha una definizione poca accurata, incoerente e necessita di ulteriori studi per capire come potrebbe essere affrontata. Si invitano i medici a non diagnosticare e curare la sindrome metabolica come se fosse una unica malattia con ununica soluzione.
La sindrome metabilica sino a quando non saranna disponibili dati precisi, è semplicemente un nome dato allinsieme di più fattori di rischio per cuore e vasi: non cè nessun vantaggio clinico ad affrontarli come se fossero una unica entità anziché singolarmente, ciascuno con una specifica soluzione (riduzione di peso tramite dieta e attività fisica, abbandono del fumo).
Autore: Patrizia Valentina Arcuri